Dopo quasi 10 anni di Markets are conversations (i Mercati sono Conversazioni) la psicologia del social commerce si è evoluta con 6 regole che mettono al centro della vendita di un prodotto le persone e non più la tecnologia, uno strumento che certamente gioca una parte importante del processo d’acquisto. I comportamenti diventano quindi fondamentali per fare social shopping e si snodano attraverso una social proof (prova sociale), una authority, una scarcity, un like, una consistency e una reciprocity.

In sostanza fare social commerce in termini di impresa vuol dire occuparsi a diversi livelli di Buyers community (GDGT.com), Group buying (Groupon, LetsBonus), Purchase sharing (JustBoughtIt), Curation (Pinterest, Searcheeze, Storify), Social advice (Fashism) e Co-shopping (Shop Together).

Fred Cavazza ha individuato su Forbes sei pilastri per il social commerce che rappresentano più o meno molte delle startup che sono state create o sono in via di sviluppo grazie all’innovativa fusione tra social media, ecommerce e CRM.
Le fondamenta del social commerce secondo Cavazza sono Visibility, Reputation, Proximity, Contextualization, Recommendation, Customer care. Attraverso questi pilastri si muove l’ecommerce moderno e sono questi i processi che ci invitano all’acquisto.

Il 2011 è stato l’anno dei flash deals che hanno spinto il social commerce con delle previsioni che vedono questo settore raggiungere i 30 miliardi di dollari in 5 anni. Cosa succederà nel 2012 se le persone sono ancora restie a comprare sui social media ed a lasciare la carta di credito su Facebook e Twitter?

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