Qualche mese fa lessi da Bru un articolo su Wired (ora non più disponibile, c’è un sunto su Usa Today) dove si parlava dell’associazione Addiopizzo.

Contrastare la delinquenza e le associazioni criminali usando il Web. Gli strumenti online ci sono ciò che manca in questa fase è la voglia ed il coraggio di integrarli con la quotidianità: ci sono realtà che sono ancora troppo distanti da Internet ma che potrebbero essere aiutate e spinte. Insomma, su Internet come nella vita di tutti i giorni, l’unione fa la forza.

La prima volta che contattai Roberto Saviano fu per cercare insieme di fare il punto dello scenario attuale per cercare di disegnare le dinamiche che si creano attorno agli imprenditori e che portano col racket al sistema del pizzo, ad un’ancora troppo importante economia sommersa. Per questioni di impegni entrambi non siamo riusciti a portare avanti le nostre idee ma chissà che un giorno non ne esca fuori un articolo su Nòva.
Intanto, mentre aziende, piccoli imprenditori e commercianti scappano via dal Sud o arrancano, ci sono altre attività che hanno successo e vanno prese da esempio.

Leggevo il post di Roberto Chibbaro che racconta la sua esperienza d’imprenditore ed il caso di successo della startup Unimagazine (che offre servizi agli studenti universitari) ed il progetto di social networking Vota il Prof. Entrambi sono nati principalmente nella torrida Sicilia.

La riflessione è banale. Per evitare le dinamiche della malavita organizzata penso che ogni azienda debba avere una sua fortissima presenza online, un canale che deve essere decisamente più esclusivo rispetto quello tradizionale per interagire con i propri clienti.
In questo modo si potrebbero bypassare gli interessi di mafia e camorra: cosa fai se non pago il tuo pizzo, mi bruci i server? Tagli i cavi della mia ADSL e rubi tutti i miei computer?
Si, certo, la merceria o il supermercato sotto casa non hanno alcun interesse nel tenere chiuse le porte del loro negozio. Il discorso forse è poco applicabile valutando l’attuale digital divide e la scarsa alfabetizzazione informatica degli italiani. Però perchè non provarci e precludersi il futuro?

Essere vicini al territorio delocalizzando le attività. Credo sia questa la chiave per la trasparenza ed il successo delle aziende del meridione. Sarei contento di conoscere casi di successo che provengono dal Sud Italia.

2 Comments

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  • Interessante questo post, e devo dire che questa di “allargare i propri orizzonti” è in generale un’ottima strategia. Da quanto ho visto qui a Catania, in particolare nel quartiere periferico di Librino dove abito da sempre, la criminalità va di pari passo con una visione della propria vita totalmente “chiusa” nella realtà di ogni giorno, senza conoscere le infinite possibilità che ci sono appena superato l’angolo della strada. Ovviamente il digital divide porta il problema contemporaneamente a livelli più complessi ma anche più semplici: se l’alfabetizzazione informatica è relativamente più complessa da attuare in contesti nei quali anche l’alfabetizzazione di base stenta a “farsi spazio”, so per certo, da esperienze di amici e vicini di casa che del web e delle nuove tecnologie hanno fatto un mestiere (come tecnici per lo più, ma in proporzione come “imprenditori di se stessi” al pari di Roberto Chibbaro) che investire sull’alfabetizzazione informatica è una via sicura per uscire dalla ghettizzazione sociale.

    Non a caso al centro TalitàKum (Caritas) di Librino è stato avviato un laboratorio informatico epr i bambini, e il gruppo scout del quartiere è stato promotore del primo sito internet di informazione sul territorio http://www.librino.it .
    Da Librino.it è nato un giornale “cartaceo” di quartiere, La Periferica, di cui faccio parte, http://www.laperiferica.it . Siamo tutti ragazzi che abitano a Librino e dintorni, il nostro direttore è Riccardo Orioles… E il 90% del lavoro lo svolgiamo su internet, in videoconfoerenza o in chat ;-)