Chi l’ha detto? Fedele Confalonieri durante un convegno, organizzato da Mediaset, sul diritto d’autore e la pirateria poche ore prima che Jobs morisse. E non so con quale coraggio parli di onestà. Ah, mi sa che il moderatore era Maurizio Costanzo…
Che questa sia l’Italia dei vecchi l’ho già detto, spero che gli studenti italiani invece di sfasciare vetrine studino e si facciano il culo per prendere il posto di questi elefanti.

[UPDATE]

– Da leggere il post di Antonio Menna: Se Steve fosse nato a Napoli.

5 Comments

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  • D’accordissimo con te, Dario. E aggiungo: ma poi perché Mediaset (e le tv in genere) si auto-colloca dal lato dei contenuti? Qualcosa producono loro, sì, ma il grosso è trasmissione di eventi e contenuti creati da altri. Sono infrastruttura pure loro. Ma vecchia, che sarà spazzata via dall’infrastruttura nuova. Non so se fanno finta di niente o proprio non se ne rendono conto.

  • Gentile Signor Salvelli, mi consenta una osservazione critica: nel labirinto della rete, mi sono imbattuto nel Suo blog, ed ho riscontrato la riproduzione di tesi errate. In effetti, se Lei conoscesse meglio come funziona l’economia dei media e la politica culturale, si rendererebbe che sono proprio Rai e Mediaset le maggiori “industrie culturali” italiane. Chi produce, secondo Lei, la fiction che appassiona milioni di telespettatori italiani? E Lei sa che dipende proprio da Rai e Mediaset il cosiddetto “rinascimento” del cinema italiano? La rete “libera e bella” è un fondamentale strumento di comunicazione democratica e di diffusione dei saperi, ma finora non è riuscita a stimolare la produzione di contenuti di qualità: Google fattura miliardi di dollari l’anno, ma non li investe nei contenuti (audiovisivo, musica, editoria…). La invito a navigare sul sito http://www.italiaudiovisiva.it, dal quale può downloadare la ricerca “Italia: a Media Creative Nation” (ebbene sì, commissionata da Mediaset, ma si tratta di uno studio indipendente), che dimostra la centralità delle industrie culturali nello sviluppo socio-economico delle nazioni (è in occasione della presentazione della ricerca che Confalonieri ha fatto la battuta su Jobs e la “madonna”, ma soltanto per ironizzare su una qual certa sudditanza che alcune istituzioni europee mostrano nei confronti della lobby delle telecom). Si può essere “simpatizzanti” o “antipatizzanti” rispetto a broadcaster come Rai e Mediaset, ma non si può disconoscere il ruolo che svolgono a favore della produzione di contenuti pregiati. E non si vive, mi consenta, soltanto di… “ugc”. La invito ad esplorare il “lato oscuro” della rete. Non tutto quel che luccica è oro. Grazie per l’attenzione. Cordialità. Angelo Zaccone Teodosi (a.zaccone@isicult.it – http://www.italiaudiovisiva.ithttp://www.isicult.it). Roma, 11 ottobre 2011

    1. Gentile signor Zaccone, io non esprimevo alcuna precisa tesi, ero anche io ironico. E non smentisco il fatto che in Italia la tv produca contenuti in quantità industriale. Quantità, appunto. Per quanto riguarda la sudditanza nei confronti dei distributori di contenuti ormai è una continua lamentela che viene fatta più in Italia che in altre parti del mondo e in continuazione: Google, Facebook &co sono i cattivi che sfruttano i contenuti e non investono. E se cominciassero a investire, nei limiti previsti dalla legge, non sarebbe la fine per i broadcaster? La domanda centrale è questa, chi fa il gatekeeper può anche realizzare i contenuti?
      Lo so bene che non si vive di UGC infatti chi meglio di me, che mi occupo di teatro e anche cinema, può capirlo? Scaricherò lo studio e ci darò un’occhiata. La ringrazio per l’intervento.