Non è vero che non arrivare a fine mese è retorica e farlo entrare nell’agenda un’ovvietà. E’ realtà: se tutti avessimo più soldi in tasca non li spenderemmo meglio e avremmo una migliore qualità della vita? E invece:

Nel periodo 2000-2010, sottolinea il rapporto Ires-Cgil, la perdita accumulata calcolata sulle retribuzioni equivale a circa 44 miliardi di maggiori entrate complessivamente sottratte al potere d’acquisto dei salari. Questo spiega perché nel decennio le entrate da lavoro dipendente abbiano registrato una crescita reale (al netto dell’inflazione) del 13,1%, a fronte di una flessione reale di tutte le altre entrate del 7,1 per cento.

In 10 anni ogni lavoratore ha perso 5.453 euro di potere d’acquisto del suo stipendio. Se si considera quindi il biennio della crisi, «contiamo un aumento della pressione fiscale dello 0,4%» e l’aumento medio reale delle retribuzioni nel biennio 2009-2010 risulta di appena 16,4 euro netti mensili.

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