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Senza Bavaglio

Qualcuno mi ha detto di avere avuto per ora più disguidi oggi con lo sciopero dei treni che con le conseguenze della legge Bavaglio. Purtroppo facciamo acqua da tutte le parti, cerchiamo però almeno di evitare che il Titanic vada a fondo, schivando un iceberg per volta.

Dunque visto che oggi non sciopero (a proposito su Agoravox ci sono tanti bei contributi e il sito di Wired raccoglie molte storie in merito) pubblico i pensieri di alcuni amici ai quali ho chiesto di scrivere due righe sulla legge Bavaglio e che hanno accettato volentieri.

Se vuoi aggiungerti ci sono come al solito i commenti o la mail (blog chiocciola dariosalvelli.com).

Che fai con il blog, scioperi?

Stefano Quintarelli:

Io cerco di limitare quello di cui scrivo a questioni che riguardano direttamente le tecnologie e cerco di approfondire le cosa che riguardano i “miei temi”. cio’ non significa che non abbia opinioni su altro, ma le tengo per me e i miei famigliari e amici piu’ stretti. Questo sciopero riguarda una legge che e’ vero che tocca anche la rete, ma non e’ uno sciopero per la rete e uno sciopero simile non e’ avvenuto per cose a mio avviso piu’ rilevanti. Nel merito, da tempo mi sono adoperato per cercare di far cambiare questa norma (come altre) con alcune iniziative meno o piu’ visibili (tra quelle piu’ visibili . Nel merito io sono ancora abbastanza fiducioso. Penso che negli emendamenti che ci saranno, la situazione per le rettifiche online potra’ essere…rettificata. Certo, se si andasse a un muro contro muro sul provvedimento complessivo anche questo punto, che nell’ambito complessivo e’ piccola cosa, potrebbe rimetterci.

Un decano del giornalismo come te che ne pensa?

Vittorio Pasteris:

La legge bavaglio ha molti difetti: limita la libertà di fare cronaca dei giornalisti e la possibilità di fare indagini della giustizia. E’ un atto di forza e di illiberalità che poco ha con la difesa della privacy dei cittadini, ma molto con la tutela degli interessi dei soliti noti. La privacy va tutelata in molti modi. non con leggi ad personam. Ha però dei pregi: in un discreto disastro morale e pratico del giornalismo italiano ha risvegliato uno spirito di tutela della dignità dell’informazione che spero contagi anche la necessità di tutelare la dignità umana e professionale dei moltissimi giornalisti sfruttati e vessati. A questo punto quasi mi auguro che la legge venga approvata dato che le conseguenze e l’obiezione di coscienza di molti giornalisti seri dimostrerà l’inutilità, anzi gli effetti nocivi , del provvedimento, aprendo ulteriormente gli occhi, se necessario, all’opinione pubblica italiana.

Guido non potevo esimermi da interpellarti per la miliardesima volta, ormai sei il difensore civico dei cittadini digitali.

Guido Scorza:

Un silenzio contro il silenzio di Stato che il ddl c.d. intercettazioni che io preferisco chiamare anti-intercettazioni “minaccia” di imporre al mondo dell’informazione online come off line è, certamente, una forma di protesta particolare che può convincere o non convincere tanto in ragione all’apparente “non rumorosità” del silenzio che con riferimento all’idea secondo la quale lo sciopero di un blogger o, comunque, di un non professionista dell’informazione è un non senso.

Sono perplessità che in una discussione accademica e speculativa farei mie ed utilizzerei, probabilmente, per convincere i miei interlocutori a non aderire allo sciopero.
Non siamo però in una dimensione speculativa ma, piuttosto, in un autentico confronto – che a tratti assume i toni dello scontro – tra due modi diversi di guardare all’informazione: secondo i proponenti del ddl intercettazioni l’informazione è, evidentemente, un fenomeno con una forte connotazione negativa salvo poche eccezioni mentre per chi avversa il DDL intercettazioni, l’informazione è un elemento essenziale per la vita democratica di un Paese nonostante qualche deriva patologica.
Appartengo ai secondi e credo con convinzione che questo DDL rischi di compromettere il futuro dell’informazione nel nostro Paese e che per scongiurare tale rischio ogni forma di protesta sia legittima ed irrinunciabile, incluso un rumoroso silenzio perché tale ritengo quello di chi per mestiere o passione è solito scrivere e/o parlare.
Dichiarata la mia posizione sullo “sciopero” e sul DDL, veniamo al merito ed al futuro.
Temo che a settembre il DDL, in un modo o nell’altro, diventerà legge perché, ormai, nessuno nella maggioranza di Governo (quella in Parlamento è, ormai, diversa!) può mettersi il lusso di accettare la sconfitta e riconoscere che opinione pubblica, mondo dell’informazione e Rete sono riusciti – forse per la prima volta nella storia moderna del Paese – a ridisegnare un’agenda politica scritta con un inchiostro tanto pesante come quello con il quale erano scritte le prime scadenze relative al DDL intercettazioni.
Il giorno dopo che il DDL sarà legge molto, nel mondo dell’informazione che conosciamo, rischia di essere diverso: a palare resteranno solo i più grandi giornalisti ed editori perché i più piccoli non potranno permettersi il lusso di rischiare né sanzioni né galera, la blogosfera italiana inizierà, in buona percentuale, ad occuparsi di temi a basso impatto politico e/o comunque rinuncerà ad assumere posizioni “forti” ed a far inchieste e, soprattutto, in tanti cercheranno – o magari cercheremo – asilo all’estero per i contenuti che vorremmo pubblicare ma che non potremo pubblicare e così facendo dichiareremo la libertà di informazione in Italia sconfitta agli occhi del mondo intero.
Se poi a qualcuno interessa la mia opinione sull’impatto specifico – e per quanto possibile obiettivo – che le norme contenute nel ddl intercettazioni, avranno sulla Rete, la trova qui [http://www.wired.it/news/archivio/2010-07/08/ecco-come-il-ddl-intercettazioni-tocca-anche-internet-e-i-blog.aspx].
Non sono pessimista ma…questa volta il rischio è davvero elevato e sottovalutarlo potrebbe renderci corresponsabili del futuro dell’informazione nel nostro Paese.


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