Una volta c’era la Social Media Revolution ma da qualche tempo – e non solo nel content marketing – si parla di Video Revolution e si producono sempre più spesso contenuti video e visuali. Basta guardare la spinta che piattaforme come Vine, Instagram, Pinterest e MixBit insieme al diffondersi delle smart-tv stanno dando a questi contenuti: si è passati dal microblogging al microshooting, dal pay-per-click al pay-per-gaze.
Ad alcuni questa rivoluzione fa paura, BBC ha addirittura rimosso un’inchiesta sul magico mondo di YouTube dal sito di video sharing.
La potenza di fuoco dei video è ampia: ci sono più di 350 milioni di device mobile a cui dare in pasto YouTube che ha visto quadruplicare (se non di più) le visite provenienti dai dispositivi mobile. E già dal prossimo anno il 90% del traffico web potrebbe essere generato proprio dai video.
Chi può permettersi di investire nella qualità e nella promozione lo fa in alcuni casi male con grossi budget che fanno già gridare a speculazioni nel timore di una nuova bolla.
Dall’altra parte, laddove i contenuti generati dagli utenti sono sempre di più, aumenta anche il fenomeno del self-publishing: tutti cercano di vendere di tutto. E così molti degli store digitali, tra quelli più generalisti, stanno cominciando a fare selezioni in ingresso anche per ottimizzare i costi. E’ un trend che si nota soprattutto nella musica.
Una delle mie fonti (in italiano) preferite per aggiornarmi su YouTube è TuttosuYoutube di Anna Covone che ha realizzato questa guida per il posizionamento su YouTube che può essere una buona base per chi fa SEO.
Il mio consiglio è di usare strumenti come VidIQ per comprendere l’audience dei nostri filmati, monitorare le statistiche e la diffusione del video sui canali social, ottimizzare i tag da usare per il video su YouTube, scegliere le keywords facendosi ispirare da tool come Soovle. Inutile ricordare che è importante curare i rich snippet per i video (e controllarli) e inserire anche la relativa sitemap.
Ho visto video di ottima qualità o che provavano ad essere “virali” non avere l’audience che si aspettavano mentre altri avere delle views palesemente pompate in maniera artificiale (fenomeno diffusi ad esempio nei videoclip rap o hip hop) o altri ancora avere successo grazie a creatività, semplicità ed un pizzico di trash.
C’è poi il più classico dei boom dato dall’effetto tv: questo spot televisivo dello sconosciuto cantante Salvo Castagna andata in onda su RAI1 nell’intervallo della partita della nazionale, ha prodotto online più commenti che share e un discreto numero di visualizzazioni.
L’aspetto più delicato infatti è capire come costruire traffico qualificato (con quindi anche un tempo di visualizzazione mediamente alto) ai tuoi video se non si può acquistare advertising e fare campagne pay mirate. La domanda da un milione di dollari è: come aumenti le visualizzazioni dei tuoi video (senza produrre click fraudolenti) e gli iscritti al canale YouTube?
Vedremo sempre più del “native advertising” prodotto attraverso video sponsorizzati (Facebook li sta preparando) e advertorial?