Non sono mai stato ad Oslo, non conosco la Novergia ed i novergesi ma mi è sempre sembrato un posto tra i più civili e tranquilli in cui vivere. Come lo sembrano un po’ tutti quelli in cui non vivi.
Non me la sento di sprecare parole mentre io sono qui a lavorare in una classica estate italiana: non conosco il contesto in cui si è consumata questa strage che viene descritta da uno dei tanti ragazzi presente sull’isola di Utøya e sopravvissuto.
Mi spinge la necessità di comprendere, di voler stare vicino in qualche modo a quelle persone, ai parenti delle vittime. Lo scenario che alcuni dei media dipingono è quello di una Novergia colpita dalla recessione economica, con una disoccupazione ed un razzismo in costante aumento insieme ad un forte sentimento anti-Islam. Non è forse leggermente simile al nostro?
Credo che l’aggettivo più vuoto da dare ad un killer e ad un terrorista quando compie una tragedia sia quello della sua connotazione politica: “era un estremista di destra ma non nazionalista”. Davanti alla morte non c’è destra o sinistra che tenga, una banalità che in questi casi sembra sottovalutata. Nascondere la polvere e il sangue dietro l’amore per le proprie idee non ha senso.
Alla polizia, al governo, agli inquirenti novergesi servirà capire se questo è un movimento più ampio ma è certo che se il probabile attentatore fosse tale AndersBBreivik, con il suo bel profilo Twitter e un’azienda agricola come compertura, beh, se non un folle e geniale spree killer deve essere certamente appoggiato da qualcun altro. Preparare un piano sofisticato, creare esplosivi potenti e precisi, portarsi dietro proiettili a non finire, travestirsi da poliziotto per poter fingere di calmare le acque dopo l’esplosione della bomba in pieno centro e poi uccidere più facilmente i ragazzi. E chissà quante altre nefandezze riassunte da questa terribile foto che non hanno nulla a che fare con la “lotta” politica.
[UPDATE]
– Mah, il Corriere fa un identikit del killer:
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