La lettera su Repubblica di Pier Luigi Celli, attuale direttore generale della LUISS di Roma (un’università privata), è senz’altro amara e piena di realismo e cose giuste, per carità. Così come è sacrosanta la preoccupazione di un padre che non vorrebbe mai che il proprio figlio soffrisse.
Sarebbe facile saltare nella lotta tra pubblico e privato ricordando che Celli si occupa di un’università privata, dove la retta annuale costa sui 7 mila euro se non di più. Se c’è una sola cosa che forse l’università statale dovrebbe invidiare a quelle private come la LUISS è la capacità di interfacciarsi con il mondo del lavoro, stringere rapporti solidi e costanti con le aziende, avere dei programmi moderni in infrastrutture non degradate. Se non ci riesce la società italiana almeno l’università statale offre a tutti le stesse opportunità?
C’è una cosa della quale sono veramente stanco ed è la rassegnazione dei cervelli in fuga, di chi smette di lottare perchè non ne può più, di chi non morde e sbaglia nel non chiedere ad alta voce i propri diritti anche in una società dove non c’è giustizia. Perchè ora può sembrare più facile fare armi e bagagli in cerca d’avventura all’estero, in nazioni che ci sembrano così civili ma che non sono poi così diverse dalla nostra.
Se solo volessimo più bene a questa nostra Italia e soprattutto a noi stessi, alla nostra coerenza e dignità, cercheremmo di tirare avanti il più possibile i nostri valori come fanno ogni giorno migliaia di studenti, operai, ingegneri, ricercatori. Non è demagogia, è un’altra parte di realtà alla quale dovremmo guardare più spesso. Senza piagnistei, senza lettere strappalacrime.
forse scrivi così perché conosci poco la realtà di cui parli, non si tratta di piagnistei ma c’è una classe di giovani che già fa quanto tu auspichi, però lottare in italia è inutile. potrei farti mille esempi, eh!
@alphakappa: Conosco poco la realtà? E secondo te dove vivo? Forse non sono giovane ma anche io lotto e lo faccio in silenzio, come gli altri che citi. Se si vogliono risolvere i problemi, la fuga non è una soluzione per lo meno non definitiva.
voglio dire, ti sei mai trovato con un dottorato in scadenza e nessuna prospettiva se non la disoccupazione? (ti considero giovane, anche perché forse sei mio coetaneo ;-) )
@alphakappa: Non tutti scelgono la strada dell’università. Personalmente no ma ho conosciuto tanti ricercatori in una situazione simile, anzi molti si vedono rinnovare il contratto di anno in anno e a 40 sono ancora precari.
Per carità dario, quello che dici è populismo.
Eh e quello di Celli cos’è, qualunquismo? Dai Gatto, non scendiamo in questi scenari banali che non portano a niente.
se di vita ce n’e’ una sola, in pochi pensano al sacrificio, a immolarsi come eroi, ne’ a cercare di cambiare le cose da soli, sara’ egoismo verso le generazioni future, sara’ voler vivere la propria vita con compromessi diversi, magari stufi dei compromessi della patria, sara’ soltanto spirito di avventura e niente piu’, senza polemiche ne’ odio verso la propria terra, son tanti i motivi che spingono ad andar via e ognuno li pesa sulla propria bilancia, per questo nel “Se solo volessimo piu’ bene a questa nostra Italia” non c’e’ tutta la verita’, perche’ chi va via non e’ detto che la odia, la nega, la dimentica, anzi.
@dario, fosse anche che i ricercatori che conosci tu non si sono trovati senza prospettive alla fine di un dottorato – ma io ti garantisco invece che ce ne sono eccome – ti pare normale avere una testa così e “lottare” – come dici tu – per essere precari a 40 anni per 1000-1200 € al mese (a tanto ammonta un comune assegno da non confermato)?
escludiamo dal discorso le università, ti pare normale che un neolaureato in ingegneria o economia attualmente non trovi lavoro e abbia come prospettiva – non l’unica, per carità, e solo per poco – il call center a 6€ l’ora (lordi!)?
ti pare normale che un qualsiasi laureato/diplomato che vuole cercare un posto nella PA al sud non possa farlo perché tutti sappiamo chi vince i concorsi?
pare semplice “lottare”, ma in queste condizioni non è una “lotta” quando si sa già chi perde.