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Finire in prigione con i files degli altri

The Pirate Bay on Dipity.

La cronostoria di The Pirate Bay in continuo aggiornamento

Non mi sono fatto un’idea precisa sul verdetto della corte di Stoccolma nel processo a The Pirate Bay: i quattro gestori del noto sito web di gestione dei file torrent sono stati condannati ad 1 anno di prigione ed a risarcire circa 905 mila dollari a testa.
Molti di loro sono convinti che questa sentenza non colpirà direttamente i server di The Pirate Bay e l’architettura che c’è dietro ma solo le loro individualità, che questo processo più che rappresentare un precedente legale è un occasione pubblica per mettersi in mostra dove i media fanno da grande teatro.

A parte Carl Lundström e gli utenti chi finanzia realmente The Pirate Bay e (se ci sono) quali i profitti reali?
La questione è più complicata di quanto sembra: i quattro di TPB devono tenere conto di aver condiviso via peer to peer 33 files specifici per i quali devono pagare una sorta di compensazione a diverse media company e industrie muscali tra i quali Sony BMG, Universal, EMI, Warner, MGM e 20th Century Fox.
La riflessione a margine quindi è: si può essere accusati di non possedere e conservare alcun file illegale, protetto da diritto d’autore e nonostante ciò finire in prigione? Quanto è stretto il confine tra favorire la diffusione di opere multimediali e segnalare esclusivamente su quali PC sono?

[UPDATE]

– Non so se sia sfrontatezza o incoscienza ma la video scherzosa Press Release di The Pirate Bay parla di Epic Win, la vittoria epica deve ancora arrivare. Sarà.


Commenti

3 risposte a “Finire in prigione con i files degli altri”

    1. Grazie per le segnalazioni. Neri ha scritto un libro che prima o poi devo leggere.

  1. La rete risponde: L’eterna lotta tra il bene e il male

    […] il discorso si potrebbe ridurre ad una semplice domanda: “Quanto è stretto il confine tra favorire la diffusione di opere multimediali e segnalare […]

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