La prima cosa che mi viene da dire quando sento pareri – a volte anche autorevoli se non altro per l’età di chi li sostiene – riguardo Facebook è un grosso: Mah. Siamo sinceri: abbiamo grosse difficoltà a rapportarci al duepuntozzero (ed in generale al virtuale), adattarci alle reti sociali porta un inevitabile cambiamento nei nostri comportamenti che spesso diventano impacciati e controversi.

Leggo di continuo lamentele contro Facebook ed il suo modo di gestire i dati, il suo rapportarsi in malo modo alla community i cui utenti vengono quasi sempre colpevolizzati perchè si aggregano (ad esempio in gruppi ridicoli) come un gregge di pecore al pascolo oppure condividono album di foto con il mondo intero ignari dei rischi e degli effetti collaterali.
Facebook non è per principio un luogo pubblico, una agorà, eppure tendiamo a considerarlo tale gettandogli responsabilità sui mali ed i difetti della nostra società, su ciò che non funziona nella nostra vita, nel modo nebuloso che abbiamo di comprendere gli altri. Non è neanche lo specchio della realtà abitata da cretini. Non è neanche più il mondo ristretto di frustati geek (i quali vanno sempre più di moda) che veniva disegnato qualche anno fa dalla politica, dai genitori, dalla massa. Affidiamo troppo spesso (ed a volte inconsapevolmente) a questa rete sociale un ruolo di caprio espiatorio che non le appartiene.

Quando entreranno finalmente a regime scommetto che molti si fionderanno in una gigantesca class action contro Facebook: sai quanti sarebbero pronti a difendere il proprio fidanzamento o la reputazione?
Non sono un sociologo quindi non riesco ad interpretare questi segnali se non come un senso di vuoto, un vivere i rapporti umani in maniera sempre più distaccata e diffidente, una lontananza che neanche Facebook riesce a colmare. Questo senso d’impotenza confonde le menti creando una stupidità collettiva: diventa facile prendersela con i commenti del tuo “wall” quando nella bacheca della tua vita non sai (più) cosa scrivere.

2 Comments

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  • L’ideale sarebbe una buona via di mezzo… ma ripensandoci poi: in mezzo a che?