Il New York Times afferma che sei amico di una persona finchè non ti ha eliminato da Facebook. Non hanno tutti i torti: a me è capitata una cosa del genere.
Quando ti iscrivi ad un social network e nel profilo che hai creato dai in pasto (in funzione di come configuri la privacy) a tutti molti dei tuoi dati personali e privati, anche involontarmante ed incosciamente, è come se in qualche modo vendessi l’anima al “diavolo” Web. Condividere i dati anagrafici, che lavoro fai, la tua email, i gusti e comportamenti personali, il tipo di relazione e legame che hai con le persone.
Si tratta della profilazione e dunque dell’advertising: si parla sempre troppo poco di questo rapporto ma sarebbe il caso, vista l’esplosione di Facebook, di cominciare a discuterne.
La profilazione di Facebook, la gestione della privacy ed il marketing online, ciò che in qualche modo sostiene economicamente la Rete di relazioni, il servizio offerto, sono temi fondamentali.


Avc ricorda a tutti gli imprenditori che in un modello di business i profitti sono uguali alle revenues meno i costi, una equazione semplice che non sempre viene rispettata.
In periodi come questi le aziende per abbattere i costi licenziano migliaia di persone al giorno, posti di lavoro che scompaiono nell’aria. A Novembre 2008 le stime davano circa 700 persone impiegate in Facebook: da mesi ci sono anche diverse posizioni aperte per l’Europa e l’Italia. Abbiamo davanti quindi un servizio in continua crescita, in termini di attenzione, audience, investimenti. E costi, anche questi salgono vertiginosamente.

Ieri ero ad una cena tra amici, una ventina di persone: probabilmente se in quella stanza avessi chiesto chi di loro è su Facebook avrebbero alzato tutti la mano. Qualcuno ha raccontato che: “mio padre mi ha aggiunto come amico”.
Facebook ha circa 150 milioni di utenti detenendo certamente uno dei più grandi database di marketing della Rete. Per questo secondo The Telegraph una delle soluzioni che permetterebbo a Facebook di fare cassa sarebbe quella di concedere i dati personali degli utenti iscritti alle aziende affinchè queste selezionino un target per meglio definire i loro prodotti.

L’azienda paga Facebook per poter ascoltare e fare domande (mediante sondaggi, questionari) ai consumatori ricevendo in tempo reale un feedback concreto e realistico poichè ha potenzialmente avanti molte informazioni personali che ci riguardano.
Ad esempio se sei diventato single da poco (e lo sanno perchè hai modificato lo status su Facebook) potrebbero proporti l’iscrizione ad uno dei tanti servizi di incontri online (dating), magari un’offerta speciale per provare un nuovo servizio.
Per non parlare dei contenuti: note, foto e video possono dire moltissimo di te, mostrare aspetti del tuo carattere. Ed ho escluso la chat di Facebook: se dovessimo pensare ad un probabile monitoraggio delle conversazioni potrebbe venirti “l’ansia da social network”.

E’ solo uno dei tantissimi casi possibili di utilizzo delle informazioni che ogni giorni posti regolarmente online su Facebook. Forse sto esagerando ma ci avevi mai pensato?

[UPDATE]

– A proposito d’intreccio tra vita reale e virtuale: il Guardian racconta una storia di divorzio su Facebook altrettanto assurda.

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