Torna alla ribalta il controllo dei contenuti su YouTube e più in generale su Internet. Ricorderai circa due anni fa il video del bambino down picchiato in una scuola da alcuni suoi coetanei: il filmato finì su YouTube e scatenò un vero movimento popolare. C’è chi pensò alla nascita di un Moige della Rete mentre altri riflettevano sul ruolo dei provider e degli operatori che distribuiscono contenuti, riflettendo sul difficile tentativo di conciliare la neutralità della Rete con il rispetto della persona e dei suoi diritti.
Le polemiche, la denuncia dell’associazione Vivi Down e le successive indagini della Guardia di Finanza portarono ad una perquisizione ed al procedimento di diffamazione e violazione per la privacy di Google. Quest’oggi comincia il processo a Google nel tribunale di Milano: gli imputati sono David Drummond (senior vice president di Google e chief legal officer), George Reyes (ex chief financial officer), Peter Fleischer (global privacy counsel) ed un quarto dirigente che lavora a Londra per Google Video. Di quest’ultimo non conosciamo le generalità.
Come racconta il New York Times è la prima volta che i dipendenti di una internet company devono rispondere delle azioni della propria azienda rischiando addirittura la galera. Google ha dichiarato quanto segue:
As we have repeatedly made clear, our hearts go out to the victim and his family. We are pleased that as a result of our cooperation the bullies in the video have been identified and punished. We feel that bringing this case to court is totally wrong. It’s akin to prosecuting mail service employees for hate speech letters sent in the post. What’s more, seeking to hold neutral platforms liable for content posted on them is a direct attack on a free, open Internet. We will continue to vigorously defend our employees in this prosecution.
Insomma sono solidali con la vittima e la sua famiglia ma anche con i propri impiegati e dirigenti: in fondo grazie al video ed all’aiuto di Google sono riusciti ad identificare gli aggressori ed a punirli. D’altra parte però il filmato è stato a lungo online finchè non è intervenuta la polizia giudiziaria. E’ certamente un procedimento controverso e da seguire con attenzione perchè immagino che in Italia non ci siano precedenti e che la normativa stessa sia sprovvista di riferimenti e regolamenti adeguati.
Non sono un legale ma sarei contento di avere i pareri di esperti quali Daniele Minotti e Guido Scorza. Esorto anche Stefano Hesse di Google Italia a scrivere sul suo blog un parere personale sulla vicenda (anche se immagino non possa).
[UPDATE]
– Bell’articolo dell’IHT.
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