Luogo: Italia. Data: 2010. Parola chiave-tag: Precarietà.
Storie di persone (italiani, si, italiani!!) costrette a togliersi il sangue giorno per giorno e poi a morire per rivendicare il diritto allo stipendio ed al lavoro, neomamme “costrette” a rapinare banche in compagnie dei neonati, operai che decidono di vivere in celle buie ed umide o sui tetti, ispettori di sicurezza che si suicidono, nascita di organi come il coordinamento di giornalisti precari.
In questo scenario sembrano quasi surreali discussioni come queste sul lavoro in Internet ed in particolar modo sul giornalismo web (mi pare si possa fare lo stesso con la carta stampata) che paga articoli o post a 3 euro cadauno, roba che quando 3 anni fa parlai di quel diavolo del nanopublishing molti mi considerarono arrogante, presuntuoso, indisponente. Per i freelance invece ora si aspetta che l’ODG pubblichi la sua ricerca smascherando i cattivi che sottopagano i giornalisti: controllati e controllori non sono mai esistiti in questo Paese.
Non ci sono solo giornalisti, content manager, esperti di marketing, web designer e sviluppatori a questo mondo.
Ti sei mai chiesto la Internet italiana a quante persone dà da mangiare e quale rapporto ricavi-perdite produce? Se hai delle cifre precise segnalamele così cominciamo finalmente a ragionare su qualcosa di concreto.
Dicevamo? Ah, la precarietà e gli stage. Quest’ultimi sono regolamentati per legge, no? Ed allora – perdonate la mia ignoranza sulle leggi che regolamentano l’industria editoriale – che senso ha fare una carta dello stagista? L’idea è bella, certo, ma i sindacati a cosa servono?
Forse sto mettendo troppa carne a cuocere e sto perdendo il motivo per il quale ho scritto questo post. In altri Paesi anche uno sguattero può arrivare a prendere 1500 euro al mese. E si: ci sono sistemi di previdenza e sanità diversi da quello italiano.
Ad esempio in Germania dopo la riforma fiscale del 2007 fino a 400€ al mese non si pagano tasse e contributi (uno studente potrebbe essere agevolato), fino a 800€ in maniera ridotta mentre al di sopra non ci sono riduzioni. Ovviamente le tasse variano anche lì in funzione del reddito, non è il paradiso.
In Italia non esiste un mercato del lavoro e quindi devi costruirtelo con un mix di competenza, determinazione (o meglio
“coraggio”), furbizia e fortuna in una indefinita miscela che ha nella meritrocrazia un ingrediente con percentuali random. Troppo facile dire “fai un lavoro che ti piace e non lavorerai per tutta la vita“: se penso alle storie di sopra mi verrebbe da dire con rabbia che è meglio non lavorare e campare di loschi espedienti, soluzione geniale trovata da molti uomini malavitosi.
Per fortuna c’è ancora chi insegue sogni e progetti e – guarda un po’ che stupidi! – proprio nel giornalismo.
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